Università Cattolica del Sacro Cuore

Medea di Euripide (2002-2003)

 

a.a. 2002-2003

 

Lo studio per la resa scenica della tragedia Medea di Euripide ha segnato l'inizio delle attività del Laboratorio di Drammaturgia Antica nell'ottobre 2002. Le risorse e il tempo a disposizione ha permesso di affrontare lo studio dell'intero dramma, nelle parti sia recitate che musicali.

 

La prima dello spettacolo è avvenuta al Teatro dell'Arte di Milano (CRT), grazie all'ospitalità offerta dal Prof. Sisto Dalla Palma e a un finanziamento della Regione Lombardia che ha permesso di coprire le spese di allestimento. Il successo della prima rappresentazione (che attirò anche pubblico dalla città) ha incoraggiato repliche: al Teatro Filodrammatici di Cremona, ospitati dalla Facoltà di Musicologia, e dal Centro Culturale Asteria, che promuove spettacoli per le scuole.

 

A sostegno del lavoro sono state pubblicate due due dispense ISU LINK a La Medea di Euripide. Indicazioni dal testo per la resa scenica (con CD contenente una registrazione dei canti dello spettacolo), a cura di E. Matelli, ISU, Unicatt 2003; La Medea di Euripide. Testi e iconografia di riferimento, a cura di E. Matelli con appendice di Bruno Crucitti, ISU, Unicatt, 2003).  

 

 

Note tratte dal libretto di Sala pubblicato in occasione della ‘prima', il 9 giugno 2003 al Teatro dell'Arte di Milano:

Il Laboratorio di Drammaturgia Antica dell'Università Cattolica e la rappresentazione della Medea di Euripide al Teatro dell'Arte

Il Laboratorio di Drammaturgia Antica è nato nell'a.a. 2002/03 nell'ambito delle nuove attività laboratoriali della Facoltà di Lettere, con il progetto di collegare lo studio filologico e storico-letterario dei testi del teatro antico alle problematiche di una loro riproposizione sulla scena in grado di interloquire con la contemporaneità.

La risposta da parte dei giovani all'ambizioso progetto ha superato le aspettative. 33 studenti -dei corsi di laurea in Lettere, Filosofia, Lingue ed Economia del vecchio e nuovo ordinamento, del dottorato di ricerca in Archeologia e del corso SSIS- si sono impegnati con entusiasmo per mesi nel lungo percorso di una complessa preparazione che li rendesse in grado di affrontare la scena con un difficile testo, pur non essendo professionisti. Il Laboratorio ha affiancato a lezioni teoriche sul teatro greco e sui problemi di una sua rappresentazione moderna (Elisabetta Matelli), lezioni di pratica attoriale (Bruno Crucitti) e di musica greca (Carmelo Crucitti). Tra le novità c'è la proposta di una particolare soluzione musicale per le parti corali, studiata e realizzata dal Maestro Carmelo Crucitti. Il Regista Bruno Crucitti ha dovuto affrontare il non facile compito di guidare i giovani in una recitazione drammaticamente efficace e in grado d'integrarsi con le parti cantate.

Le difficoltà di conciliare la proposizione "filologica" di un testo antico con una attuale resa scenica

La prima difficoltà contro cui si scontra il proposito di proporre a un pubblico contemporaneo un testo antico sotto l'etichetta di una fedeltà "filologica" è innanzitutto la lingua: non solo per l'inevitabile allontanamento dall'originale che ogni traduzione comporta, ma anche per la perdita del ritmo e della sonorità ricercata dalla lingua greca antica, a cui la cultura contemporanea è invece estranea. La traduzione scelta per l'attuale rappresentazione è di Raffaele Cantarella, il cui testo è stato rivisto solo per le parti corali. Minimi sono stati i tagli: i vv. 190-203 (Nutrice), 1381-1388 (Medea).

I Cori del dramma antico rappresentano una questione particolarmente problematica per noi moderni. Essi costituirono l'embrione del genere tragico, e si evolsero nel tempo. Si trattava -soprattutto originariamente- di una commistione di musica, canto, danza, recitazione funzionali ad una efficace resa drammatica. Euripide venne rimproverato da Aristotele per avere contribuito al distacco del Coro dall'azione scenica: a tutti è chiaro che il filosofo, esprimendo questo giudizio, si riferiva a tragedie successive e non certo alla Medea, dove -al contrario- vediamo che il Coro svolge in varie parti la funzione di vero e proprio attore coinvolto nell'azione scenica, ora oggetto di confidenze da parte di Medea, ora consigliere, e poi giudice severo e "distante" delle sue nefande decisioni.

La nostra scelta è stata di non privare del canto il Coro della Medea: le donne di Corinto cantano in italiano per non negare al pubblico l'intelliggibilità delle parole, ma secondo il ritmo del corrispondente verso greco. Le musiche sono state ricostruite con attenzione "filologica" sulla base delle testimonianze antiche che informano delle particolari armonie che accompagnavano la tragedia: per la Medea vengono proposte antiche armonie doriche, frigie e mixolidie secondo il genere diatonico ed enarmonico. E' possibile una esecuzione oggi di quegli antichi canti? A nostro avviso la risposta può essere positiva quando un musicista abbia la capacità di coniugare teoria musicale antica, inventiva ed estro, riempendo senza incoerenze le tessere mancanti del mosaico.

Nella Medea messa in scena alle Grandi Dionisie del 431 a.C. il Coro era costituito da 15 "donne di Corinto" (in realtà di sesso maschile). Nella rappresentazione al Teatro dell'Arte di Milano sono impegnati nella parte corale 17 giovani (16 ragazze e 1 ragazzo): ci siamo presi questa licenza per non escludere nessuno degli studenti che nei mesi passati -con gravoso impegno, studio, esercizio- non hanno mai abbandonato il campo delle prove. Le esigenze di una resa drammaturgica moderna hanno purtroppo costretto a sacrificare nella messa in scena finale alcune sezioni delle lunghe parti studiate dal Coro (le versioni integrali saranno proposte in un CD): in scena vengono cantati Parodos A, B-B', C; Stasimo I A-A', Stasimo II B-B', Stasimo III B-B', Stasimo IV A-A', Stasimo V A, B', Esodo.

 

Un'altra fondamentale distanza tra il teatro greco e il nostro spazio teatrale è proprio la struttura architettonica che ospita i drammi. Al tempo di Euripide il teatro era all'aperto, ricavato da ambienti naturali che garantivano un'eccezionale acustica e gli spettatori sedevano su sedili degradanti a scalinata da una struttura semicircolare verso l'orchestra e la scena (ove agivano il Coro e gli Attori).

Una domanda lecita per noi, ripensando alla Medea del 431 a.C., è quale scenografia Euripide avesse proposto, quali fossero i costumi scelti, se l'ambiente ricreato sulla sua scena richiamasse ai tempi arcaici del mito o alla contemporaneità ateniese. Per noi che affrontiamo oggi una moderna messa in scena dell'opera antica con un intento "filologico" la pretesa di una ricostruzione anche solo minimamente fedele è purtroppo destinata al fallimento dalla nostra ignoranza. Dato l'insieme della nostra interpretazione, che mira a non uscire dai binari della classicità, scartiamo l'idea di una moderna attualizzazione. La scenografia di Clara Matelli Cesaretti si propone di rievocare il luogo dove accadde la tragedia nel modo più immateriale possibile, affidando alla luce e al colore un ruolo fondamentale. E' parso infatti che luce e colore, con la loro sfuggente realtà, ben si prestino a colmare lo iato di tempo che separa questa rappresentazione della Medea da quella di Euripide del 431 a.C., così da creare un "tempo libero" in grado di accogliere la finzione narrativa e di farla rivivere come presente.

Lo stesso criterio ha ispirato il disegno dei costumi: rinunciando agli abiti moderni, resta la difficoltà di ricreare l'abito antico. Con o senza maschera? Anche qui si è preferito rinunciare a proporre precise ricostruzioni, preferendo "alludere" ad abbigliamenti greci genericamente arcaici (soprattutto sulla base dell'iconografia vascolare del VI sec. a.C., dove gli abiti sono sorprendentemente attuali nelle loro essenziali geometrie). Mariella Tabacco ha disegnato i costumi con l'esplicito proposito di "non di vestire il corpo fisico di ciascun attore, ma di trasformare ogni corpo nel Personaggio, dietro al quale scompare ogni individualità e fisicità", in un certo senso attribuendo a tutto l'insieme del costume l'antica funzione della maschera.

Elisabetta Matelli

 

La musica in scena

Ho affrontato per la rappresentazione di questa Medea la scommessa di "eseguire" musica greca, finora anche per me solo oggetto di studio e discettazioni teoriche. Tuttavia la mia esperienza di esecutore musicale con uno strumento barocco ad ancia doppia come il fagotto non poteva non portarmi alla sfida di affrontare il problema esecutivo di testi musicali come quelli frammentariamente conservati in antichi manoscritti ed epigrafi greci, recentemente ripubblicati da E. Pöhlmann e M.L. West, Documents of Ancient Greek Music, Oxford 2001. Ho accettato pertanto di buon grado la proposta di cimentarmi con i Cori della Medea di Euripide. Cori di cui non possediamo le musiche, ma solo i ritmi dati dai versi. Una scommessa dunque impossibile? Fortunatamente autori antichi come Platone, Aristotele, Plutarco hanno lasciato esplicite indicazioni sulle armonie "adatte alla tragedia" in riferimento alle passioni che si dovevano esprimere. L'armonia dorica esprime un ethos grande e nobile, l'armonia frigia esalta gli stati emotivi, l'armonia mixolidia esprime toni lamentosi e molli. I teorici musicali antichi hanno fornito precise indicazioni attorno alla proporzione degli intervalli tra le note tipici di ciascuna armonia; per il loro sistema musicale non era invece importante fissare l'altezza precisa della prima nota (in questo c'era libertà): quel che importava erano i diversi possibili intervalli tra i suoni, e inoltre le diverse frazioni dei toni. Il nostro sistema musicale moderno (temperamento equabile) divide l'ottava in dodici parti uguali (semitoni). La musica greca (come ancora oggi quella orientale) utilizzava anche frazioni minori, come il quarto e il terzo di tono. I generi musicali greci si differenziavano in diatonico, enarmonico o cromatico a seconda delle frazioni di tono utilizzate, con effetti tra loro diversi.

Pensando alla scrittura di musiche per la Medea mi è parso di poter disporre di sicure linee di percorso, sulla base dei teorici greci (in particolare Aristosseno e Aristide Quintiliano) che ci offrono la possibilità di conoscere gli intervalli propri di ciascuna armonia e le frazioni di tono tipiche di ciascun genere; il compito è inoltre facilitato dalla libertà della nota di partenza del sistema musicale greco. Con la consapevolezza di non poter certo riprodurre la precisa musica della rappresentazione della Medea nel 431 a.C., penso tuttavia di poter proporre melodie che verosimilmente appartenevano al repertorio musicale di quel tempo e che erano frequentabili da un auleta istruttore di Coro. Le melodie proposte sono in armonia dorica, frigia e mixolidia secondo il genere diatonico ed enarmonico (contenente i quarti di tono, a cui il nostro orecchio moderno più non è avezzo).

Aggiungo due parole sullo strumento usato: l'aulos, strumento ad ancia doppia, il più celebre degli strumenti a fiato usati nell'antica Grecia.

Scrisse Giovanni Comotti La musica nella cultura Greca e Romana, Torino 19912, p. 72:

"L'aulos era uno strumento che richiedeva al suonatore un notevole grado di abilità professionale: i migliori auleti erano molto ricercati ad Atene per la preparazione e l'accompagnamento dei cori".

L'aulos veniva costruito in canna, legno, osso o avorio ed era suonato anche a coppie ("doppio aulos"): in questo caso i due strumenti erano tenuti in posizione dalla phorbeià, una fascia di pelle o cuoio che passava intorno alle guance e sopra la testa dell'esecutore munita di una specie di bavaglio di pelle con due fori nei quali si inserivano le due ance e che serviva a facilitare l'emissione del fiato nelle due canne comprimendo le guance dell'auleta, consentendogli di soffiare con la giusta forza

Gli auloi da me suonati durante la rappresentazione della Medea sono riproduzioni moderne, costruite calcolando le distanze dei fori in modo da poter ottenere i medesimi intervalli indicati dai teorici greci in valori frazionari, secondo la conversione in cent dei valori frazionari elaborata dal Prof. Pietro Righini (La musica Greca, Padova 1976, p. 57).

Carmelo Crucitti

 

Note ad una messa in scena

Superfluo e necessario.

Necessario: ciò che non può esser ritirato, che non può tornare indietro.

C'è, nell'allestire uno spettacolo, una magica similitudine con la costruzione e il varo di un'imbarcazione. Legno e cordami sono abbondantemente presenti in teatro così come sulle navi.

Questa similitudine si accentua quando in scena va un classico. I greci hanno spesso utilizzato metafore marine per spiegare le cose degli umani.

Superfluo: ciò che scorre sopra.

Abbiamo tutto il superfluo, ci manca solo il necessario.

Quel superfluo che galleggia sul mare dell'umanità, quel mare sempre uguale e sempre diverso, a volte scuro come il vino, a volte abbacinante di sole.

 

E' una inevitabile necessità quella che mi riporta ogni volta a questa inesauribile vena.

Da anni porto avanti una ricerca, coinvolgere i giovani avvicinandoli al teatro nella sua forma più grande, assoluta. Confortato dall'esperienza, inizio questo viaggio, lavoro alla costruzione dell'ennesima imbarcazione che affronterà il mare delle emozioni, quel mare di occhi, orecchi, cuori che accoglieranno nel modo più imprevedibile uno scafo fatto del legno migliore: Eschilo, Sofocle, Euripide, un legno che, anche se male assemblato, sa come affrontare il mare.

Quando lo scafo ha preso forma, quando si sta per abbattere la struttura che sorregge l'enorme peso, c'è un momento in cui si fa più forte la necessità. Non si può più tornare indietro.

Un varo è qualcosa di emozionante. Il pesante scafo scivola nel mare, non lo puoi più fermare, lo aspetta la prova estrema: galleggiare leggero e felice in un meraviglioso equilibrio, schiantarsi nel breve tratto che lo separa dall'acqua, o, giunto ad essa, inchinarsi tragicamente inabissandosi.

C'è una necessità nel superfluo?

E' pretenzioso pensare al teatro quale nutrimento, di quest'ultimo non si può fare a meno, come non si può fare a meno della passione dei giovani. E i giovani alimentano e nutrono il mondo di passione.

Si può benissimo nutrirsi di cibo sintetico. Il nostro laboratorio chimico sarà grato per proteine, glucidi, lipidi, vitamine, ma la mente soffrirà la mancanza di antiche radici. In vino veritas perché nel vino di un tempo c'era tutta la storia della terra da cui attingeva le radici, ma anche questo è superfluo.

 

Amantes, amentes. E tra tutti, Medea. Tra tutte le donne, tra tutti i personaggi, tra tutti i drammi, Medea, lei, il personaggio femminile più grande della storia, partorito dalla mente di un uomo, di un maschio.

Medea maga, leonessa spietata. Follie d'amore, d'ira e di "superbia".

C'è in Medea una necessità che si manifesta nella sua inarrestabilità, nell'impossibilità ad esser contenuta, che è delle passioni più forti, che è della poesia, che trova nel teatro il suo medium ideale.

Euripide torna con forza a far sentire la sua voce, attraverso incerti giovani che, col cuore leggero, riescono a galleggiare su quel superfluo, su quella tempesta di passioni che è il mare dell'uomo; e, come saggezza di marinaio ben sa, gli scafi leggeri sono quelli che meglio sanno affrontare la tempesta.

Bruno Crucitti

 

I laboratori di Drammaturgia dell'Università Cattolica

Nessuna arte più del teatro ha bisogno della prova concreta della scena.

Chi aspira a diventare studioso, critico, spettatore consapevole, formatore, produttore e organizzatore, operatore dei settori molteplici della performatività, chi sente di avere un talento artistico in questo antico e sempre necessario campo dell' espressione umana, non può non misurarsi almeno una volta con la prassi concreta della scena.

Lì la parola vive nella voce, nel corpo, nel coro. Il segno si distilla nella precisione, nello spessore di senso, nell'eleganza e l'efficacia di una'arte tanto complessa quanto tendente all'unità.

Lì si crea e cresce il gruppo.

Le nozioni e le conoscenze di un percorso di studi umanistici convergono e si polarizzano su un centro di realizzazione che esige che siano messe all'opera molte competenze e ne prova la comprensione reale e l'abilità del farle funzionare.

Prestigiose e alte tradizioni pedagogiche, come quella gesuitica, ad esempio, hanno colto bene secoli fa questo aspetto.

Il piano dei laboratori attivati dalla Facoltà di Lettere, sede di Milano, nell'area teatrale, si pone in tale prospettiva. Si giova di un'esperienza pionieristica fatta per anni in Cattolica, quando di laboratori si parlava solo nelle Facoltà tecnico-scientifiche. E si confronta costantemente con l'altra sede attiva in questo campo: la Facoltà di Lettere di Brescia.

Il ventaglio è ampio: drammaturgia antica, scrittura drammaturgica, creazione scenica, prove di regia, organizzazione dello spettacolo, conservazione e comunicazione del teatro, forme drammatiche popolari e rituali.

Annamaria Cascetta

 

Scheda tecnica degli spettacoli:

Prima:

- Teatro dell'Arte di Milano (8 giugno ore 18.30 prove generali aperte al pubblico, ‘prima' 9 giugno 2003 ore 19.30).

Repliche

- Teatro Filodrammatici di Cremona (30 Ottobre 2003, ore 9).

- Centro Culturale Asteria di Milano (4 novembre 2003 ore 9.30 e 15.30; 5 novembre ore 9.30).

 

Personaggi:

Nutrice: Valentina Grancini,        

Pedagogo: Matteo Giusti,         

Medea: Donatella Castagna,   

Creonte: William G. Cisco,        

Giasone: Vincenzo Moretti,     

Egeo: Andrea Re,

Nunzio: Andrea Runko,

Guardie e Attori nel Prologo Dialogato: Patrizio Aiello, Alessio Imbriglio,

Ancella: Lucia Pesapane

 

Coro: Giovanna Bernasconi, Francesca Cereda, Elisa Fusaro, Cristina Gadaleta, Chiara Gallo, Enza Genna, Elisa Giovanelli, Federica Loriggiola, Ilaria Lucini, Marta Marenzi, Paola Mazzola, Marisa Monichino, Sara Pugliese, Laura Subrini, Gabriele Verratti, Raffaella Viccei, Laura Zaninelli

 

Auleta: Carmelo Crucitti

 

Consulenza scientifica e organizzazione: Elisabetta Matelli.

Regia: Bruno Crucitti. Aiuto-regista: Scilla Pucci

Musica (ricostruzione di antiche melodie greche, istruzione del Coro, base musicale ed esecuzione in scena per aulos): Carmelo Crucitti.

Coreografia: Studio Vedres, Milano

Scenografia: progettazione di Clara Matelli Cesaretti, realizzazione di Daria Ganassini.

Costumi: ideazione di Mariella Tabacco, realizzazione di Magda Accolti-Gil.