Università Cattolica del Sacro Cuore

Baccanti di Euripide (2006-2007)

 

a.a. 2006-07

Tragedia complessa quella intitolata Baccanti : potrebbe essere considerata il testamento drammaturgico di Euripide, dato che andò in scena postuma, probabilmente alle Grandi Dionisie del 406 a.C., e i suoi contenuti permettono diversi livelli d'interpretazione: letterario, religioso, politico, e non ultimo quello metateatrale.

 

Per affontare tale complessità, grazie all'esperta collaborazione di Ezio Savino, si è pensato di basare il lavoro su una nuova traduzione, sperimentale, creata ad hoc, seguendo un particolare filo interpretativo, quello di combinare l'elemento ‘apollineo' riconoscibile nei mistici canti corali con l'elemento dionisiaco che permea la potente trama della tragedia. Due elementi non necessariamente in contrasto nell'Atene dell a fine del V sec. a.C.

La traduzione di Ezio Savino ha richiesto un profondo lavoro di scavo nel significati del testo. Con la massima fedeltà all'originale greco, il traduttore ha infatti scelto di contrapporre le parti dialogate, rese in italiano con la vivacità della nostra lingua 'parlata', all'arcaico canto sacrale del coro delle Baccanti, reso attraverso il linguaggio mistico dei canti di Iacopone da Todi. (leggi sotto la * Nota all'esperimento di traduzione  da Le Baccanti di Euripide). Attraverso questa particolarissima traduzione anche gli studenti del LDA non provenienti da studi classici che si sono impegnati nello studio di un'interpretazione delle Baccanti hanno potuto percepire, con evidenza, innanzitutto lo stacco tra i canti corali e le  parte dialogate proprie del testo originale greco, dove i cori in metri lirici e dialetto dorico si contrapponevano alle parti dialogate in trimetri giambici. Una giustapposizione di elementi contrastanti che può svelare un aspetto importante dell'ambiguità drammaturgica di questa tragedia, che in un certo senso risolve il contrasto tragico con l'evidenza di un possibile nuovo ordine ‘dionisiaco' che assume anche i colori ‘apollinei' riconoscibili nei mistici canti corali.  Il linguaggio arcaico di Jacopone da Todi ha richiesto un importante lavoro di comprensione del testo e poi d'immedesimazione nelle parti corali.  Si è dunque lavorato soprattutto sul ruolo del coro delle Baccanti e sulla contrapposizione di ‘caratteri' tra i personaggi Dioniso e Penteo, inoltre si è impostato un primo studio dei personaggi Cadmo, Tiresia, Agave . Il saggio finale, nel maggio 2007, ha introdotto la figura di una narratore contemporaneo per collegare le sezioni degli espisodi e dei canti corali selezionati.

La costruzione della scenografia ha messo in moto la creatività del gruppo: in parte si sono utilizzati materiali già impiegati nelle rappresentazioni degli anni precedenti, in parte altri elementi sono stati inventati e ricostruiti da alcuni studenti. La ditta Suzuki ci ha offerto tralci di vite ed edere necessari per la ricostruzione dell'ambiente vegetale caratteristico di Dioniso. L'ideazione e la realizzazione dei costumi è avvenuta all'interno del Laboratorio, a seguito di uno studio delle iconografie dionisiache del V sec. A.C. Senza la pretesa di un'impossibile ricostruzione filologica degli abiti antichi, il Laboratorio ha cercato di presentare costumi in grado di ‘alludere' a tale remota realtà.

 

* Nota all'esperimento di traduzione

da Le Baccanti di Euripide

 

"Volevo che le mie Baccanti - le ‘Mpazzite, le ossesse dall'alito del dio, le eroiche pellegrine di Dionìso, migliaia di chilometri in santa processione da un oriente policromo a Tebe, scura di abetaie e di macigni rocciosi - emergessero da un fondale di arcaicità monumentale, come fantasmatiche parvenze, spettri ideali di un teatro che, per accendere l'immaginazione, fa leva sul misterioso, sul remoto e sull'alieno. Così avevo "sentito" le coreute del dramma euripideo, sintesi magistrale che della scena, intesa come ventaglio di possibilità drammaturgiche, espressive ed emozionali, mostra già ogni fondamento, pilastro e linea di futuro sviluppo. Le Baccanti, in questa mia nuova proposta interpretativa, dovevano parlare una lingua - meglio, cantare un cantico - che in qualche modo rispecchiasse il magma che percepivo fremere nell'originale. Linguaggio che fosse, già nell'attimo stesso del formarsi, metrico: che nella nostra tradizione poetica significa ritmico. Profonda è l'intenzione liturgica, teologica, del canto originale delle invasate di Bacco, nel greco visionario di Euripide: ogni loro parola è marchiata a fuoco dall'impeto estatico, dal trasporto verso il loro nume. Quindi per me era imperativo rievocare un codice linguistico fremente di slancio mistico, in bilico sugli arcani dell'ultraterreno. Arcaicità, misticismo, andamento ritmico: queste erano le principali traiettorie, per me, nella sfida al meraviglioso originale.

Dovevo scavare nel flusso immane della poesia italiana, alla ricerca dell'appiglio, del punto di partenza, come fa il rocciatore che si appresta alla salita che strema ed esalta. Coniugando le linee-guida del mio desiderio di tradurre i versi lirici delle Baccanti di Euripide, sono tornato con la mente al laudario di Jacopone da Todi. E qui credo e spero di aver trovato l'innocente e poderoso sillabario di cui avevo disperata urgenza. Nelle sacre ballate del venerando mistico la potenza concreta della carne e il soffio arroventato dello spirito s'intricano indissolubilmente, con un azzardo che - a torto o a ragione, poco mi importava - avvertivo analogo, parallelo, paragonabile al dionisismo della tragedia. Quale idioma può suonare più alieno dalla razionale regolarità del quotidiano, del prosaico? Quale parola più del iubelo jacoponico (iubelo del core, iubel acceso, iubel, dolce gaudio...) poteva esprimere con maggior energia - e nel contempo con la ferma quiete di un centro di gravità permanente - il termine che nelle prime frasi delle Baccanti (pàrodos della tragedia) già squilla come segno, trionfale stendardo dell'indiamento, nella metamorfosi sovrana, nello strano, quasi incomprensibile sdoppiamento di creature che, nella schiavitù al dio, conquistano la libertà più alta?

Il verso settenario, rapido e battente, mi è parso subito come la giusta misura del cantico. Il gioco fonico e ipnotico della rima scandisce - a mio vedere - il tono necessariamente ieratico.

Ho cercato di creare uno stacco nettissimo, una frattura quasi dolorosa con lo stile del parlato. Monologhi, dialoghi, precipitosi incastri di battute (le sticomitie, le antilabai originali), seguono anch'essi una dizione sostenuta e ritmica (verso da verso, con il massimo rigore che mi è riuscito di fornire), ma con codice linguistico di studiata e spinta contemporaneità. Il passaggio dal dire di Dionìso, di Tiresia, di Cadmo, di Penteo, del Messaggero a quello delle fedeli invasate non è solo il transito da un eloquio attuale (seppure letterario, nell'impasto): è un tuffo nell'abisso del tempo, volevo che si sentisse come uno stridore di epoche. Ho così tentato di riprodurre (di tradurre) un ritmo tonale, un'alternanza orchestrale di suoni che - così come io, ora, profondamente lo avverto - forma il nerbo di quel teatro, che perennemente aliena e rapisce".

Ezio Savino

 

 

Scheda tecnica del saggio conclusivo con due spettacoli in Aula Bontadini il 30 maggio 2007 alle ore 15.30 e 18

 

Direzione artistica e organizzazione: Elisabetta Matelli

Aiuto organizzazione: Valentina Puleo

Istruzione attoriale: Lucilla Giagnoni

Collaborazione scientifica: Ezio Savino

Traduzione: Ezio Savino

 

Personaggi:

Guardie tebane: Francesco Cianciarelli e Francesco Lasagna

Narratore: Stefano Casarano

Dioniso: Michael Scott Roberts

Penteo: Vincenzo Moretti

Cadmo: Maurizio D'Autilia

Tiresia: Fabrizio Fava

Primo Messaggero: Francesco Lasagna

Secondo Messaggero: Diego Runko

Agave: Francesca Gerli

Corifea: Valentina Puleo

Coro: Margherita Ciacera Macauda, Martina Fumagalli, Elisa Galbusera, Elisa Giovanelli, Barbara Monico, Marta Prina, Cristina Meregaglia, Diana Marangoni, Alessia Dell'Olio, Anna Giorgetti, Maria Jennifer Falcone, Laura Zanghì, Raffaella Viccei, Stefania Seidita, Giada Storti, Francesca Vella, Valentina Puleo