Università Cattolica del Sacro Cuore

Antigone di Sofocle. Studio per una messa in scena (2009-2010)

a.a. 2009-10

In questo anno si è lavorato su un progetto limitato, ma ben definito, mettendo a tema lo studio dei caratteri che muovono l'azione drammaturgica della tragedia Antigone di Sofocle. Una tragedia così importante per la storia della cultura occidentale e per le interpretazioni successive alla prima messa in scena del 442/41 a.C. da essere sproporzionata in grandezza rispetto alle capacità moderne di non tralasciare nulla del suo messaggio originario e della sua storia, soprattutto in rapporto alle limitatissime risorse di cui il LDA dispone in questo anno accademico. Elisabetta Matelli e Christian Poggioni, dopo una lettura del testo con gli studenti, hanno pertanto elaborato l'idea di impostare il lavoro su un ambito circoscritto, ma di grande importanza per l'interpretazione scenica dei drammi classici: lo studio dei caratteri dei personaggi da cui si snoda la trama e che rappresentano il perno della drammaturgia antica. Gli studenti sono stati guidati a un metodo per riconoscere dalle parole del testo la precisa personalità di ciascun protagonista (compreso il carattere dei vecchi Tebani che formano il coro) e a individuare il preciso ruolo di ciascuno di questi caratteri nella costruzione del plot tragico. In parallelo a questo lavoro testuale, l'attore Poggioni ha fornito cognizioni tecniche su come l'attore arriva progressivamente a immedesimarsi in tali caratteri, mai monolitici ma destinati a trasformarsi nel corso dell'azione: egli ha preso le mosse dagli esercizi fisici di base, necessari per affrontare una buona presenza scenica, arrivando poi a elaborare raffinati esercizi di tecnica attoriale coincidenti con una mimesis fisica degli elementi animali e della natura. Quest'ultima importante fase di lavoro è stata scandita, e in un certo senso aiutata, dai versi del Primo Stasimo dell'Antigone che cantano:

Molte cose mirabili
Esistono. Nessuna
È più prodigiosa dell'uomo.//
Sul biancheggiante mare
Pure se Noto infuria
Si spinge l'uomo, procede
Tra l'onde che d'intorno
Si inabissano.//
E la Terra, suprema tra i numi,
instancabile, eterna,
è l'uomo che la travaglia,
d'anno in anno premendo l'aratro
e con l'equina prole rivoltandola.//
Gli uccelli, volubile prole,

le fiere, selvatica stirpe,
le equoree del mare creature,
è l'uomo ricco di ingegno
che li insidia e cattura
nelle reti intrecciate.//
E nelle sue trappole doma
L'agreste fiera montana,
piega al giogo
cavalli d'irsuta criniera
ed il toro montano infaticabile.

Il lavoro di mimesis fisica imparato da queste parole si è trasformato in gioco scenico, ed è stato infine trasferito all'interpretazione di ciascun personaggio del plot.
Dato il grande effetto anche scenografico di questo lavoro, si è pensato di renderlo spettacolo in una prima parte del saggio finale: un modo per far conoscere al pubblico le diverse fasi di questo percorso formativo necessario ad ogni attore. Nella seconda parte del saggio finale è stata invece scelta una selezione di scene salienti dell'Antigone. Dato che lo studio del testo aveva fatto emergere l'Antigone soprattutto come tragedia di Creonte, nella scelta dei frammenti degli episodi egli, in un certo senso, è stato eletto a protagonista della vicenda. La storia rappresentata è la seguente: in una Tebe sconvolta dalla morte dei due gemelli figli di Edipo, la loro sorella Antigone tenta di rendere gli onori funebri a Polinice, considerato nemico della città e lasciato insepolto. Scoperta, però, da una guardia, viene portata davanti a Creonte, nuovo re di Tebe, nonché zio di Antigone: egli decide di far condannare a morte la nipote per aver trasgredito le leggi della città, nonostante ella si appelli alle leggi non scritte degli dei, che prevedono di rendere onori funebri ai propri congiunti anche se giuridicamente considerati nemici. A nulla servono le richieste di Emone, figlio di Creonte e promesso sposo di Antigone, il quale decide di suicidarsi assieme alla fidanzata. Anche Euridice, moglie di Creonte, decide di seguire le sorti del figlio, mentre Ismene, sorella di Antigone, viene respinta dalla sorella che rivendica solo per sé l'accusa di violazione delle leggi patrie. Creonte, nel frattempo, ravvedutosi a causa delle infauste predizioni dell'indovino Tiresia, giunge però sul luogo dell'esecuzione di Antigone quando ormai la fanciulla, Emone ed Euridice sono morti.

Nello spettacolo sono pertanto andati in scena, al ritmo di uno strumento a percussione e di una chitarra, innanzitutto gli esercizi tecnici di riscaldamento e di immedesimazione nei personaggi attraverso la mimesis di elementi naturali e animali, che poco a poco hanno assunto le forme fisiche dettate dai canti della Parodo e del Primo Stasimo dell'Antigone. Nella seconda parte si sono susseguiti i quadri con la rappresentazione dei frammenti del II, III e IV Episodio. Il gioco tecnico ha voluto che più attori ricoprissero uno stesso ruolo, in particolare quello di Creonte, che è stato interpretato da tre attori diversi carattterizzato però dalla medesima ‘maschera', rappresentata da un imponente copricapo in rame e uno scettro. La scena del II episodio in cui Antigone è consegnata a Creonte (vv. 384-445) e in particolare e nel quale, in particolare, vengono pronunciate le parole:

GUARDIA (a Creonte): "L'ho vista, proprio lei, mentre seppelliva il cadavere, contro la tua proibizione..." (vv. 404-405)
CREONTE (ad Antigone): "A te dico, a te che inclini il volto a terra: ammetti o neghi di averlo fatto?" (vv. 441-442)

questa scena, è stata presentata a imitazione di una pittura vascolare di origine lucana del IV sec. A.C., quella del vaso Nestoris (390-365 a.C.) del Pittore di Dolone, proveniente dalla Basilicata e conservato ora a Londra (British Museum F 175).

Scenograficamente si è scelto di valorizzare lo spazio scenico offerto dall'aula Bontadini stessa, con le rovine diroccate del magazzino della ghiacciaia del monastero di Sant'Ambrogio immaginate come luogo della tomba di Antigone. Nell'area antistante, sopra la cisterna, una semplice pedana con una poltrona ricoperti da un velluto purpureo e illuminati dal basso hanno rappresentato il trono di Creonte: essa è stata montata e smontata in scena, con un gioco coreografico che ha reso spettacolare anche questa operazione puramente tecnica.
Anche i costumi e gli oggetti di scena sono stati essenziali: tutti gli attori in abito nero pantaloni e T-shirt neri, hanno caratterizzato i propri personaggi con un simbolo (chi un velo, una cintura oppure una collana, uno scettro o un onkos, il particolare copricapo delle tragedie che identifica i personaggi regali e nel nostro caso Creonte, che lo studente Giorgio Massari ha artigianalmente ricostruito con un tessuto di rame sulla base dell'iconografia antica).
Studiati giochi di luci hanno cercato di compensare queste scelte minimaliste.

Vedi galleria foto.


Saggio finale in aula Bontadini con due spettacoli il 25 maggio 2011 ore 16 e il 26 maggio alle ore 11. Quattro repliche il 14 settembre 2011 alle ore 15 e 18.30; il 15 settembre alle ore 10.30 e 14.45


Allestimento e organizzazione: Elisabetta Matelli
Formazione attoriale: Christian Poggioni
Luci: Elisabetta Matelli
Musiche: Fabio Rovelli alla chitarra; Christian Poggioni alle percussioni
Onkos in rame ricostruito da Giorgio Massari

Personaggi:
Antigone:
Valentina Puleo
Creonte: Giuseppe Passalacqua; Giorgio Massari; Stefano Rovelli
Emone: Stefano Rovelli
Ismene: Beatrice Gardella
Euridice: Beatrice Gardella
Guardia: Giulia Quercioli
Tiresia: Livia Ceccarelli
Coro: Chiara Arrigoni; Giada Greco; Giulia Quercioli; Livia Ceccarelli; Giorgio Massari